L'orografia di una valle alpina come la Valmalenco è il fattore che più influenza le tipologie di paesaggio. In particolare, il gradiente altitudinale, che determina un gradiente climatico, fa sì che, percorrendo la valle dalle quote inferiori fino alle vette, si incontrino in successione: boschi di latifoglie, boschi di conifere, pascoli e praterie naturali, ambienti alpino-nivali. Il limite tra questi paesaggi può variare in funzione dell’esposizione dei versanti, mentre al loro interno si possono insediare tipi diversi di vegetazione in base alle condizioni microclimatiche e al tipo di substrato geologico, acido o basico. I vari habitat che si vengono così a creare ospitano una fauna ricca e diversificata
Boschi di latifoglie
Nei tratti più soleggiati e asciutti prevalgono querce e betulle, mentre in quelli più ombrosi e umidi dominano aceri, tigli e frassini. Spesso questi boschi sono stati profondamente alterati dall’azione dell’uomo sia per ricavarne prati da sfalcio sia per diffondere la coltivazione del castagno. Su suoli sottili e aridi, tra le latifoglie, cresce anche una conifera: il pino silvestre, presente anche più in quota. Più in alto, a contatto con i boschi di aghifoglie, si possono rinvenire residui lembi di faggeta. Caratteristiche dei boschi di latifoglie sono le fioriture primaverili che sfruttano al meglio i raggi solari, grazie all’assenza di copertura fogliare. Tra le specie più comuni: Anemone nemorosa, Scilla bifolia, Hepatica nobilis, Corydalis solida.
I boschi di latifoglie ospitano una ricca comunità di animali vertebrati. Tra gli uccelli, comuni sono le piccole cince (cinciallegra, cinciarella), i picchi (picchio rosso maggiore e picchio verde), la capinera, l’usignolo, i luì, ma non mancano i rapaci, sia diurni, come l’astore e lo sparviere, sia notturni come l’allocco e il gufo reale, una delle specie più emozionanti da contattare, che nelle notti di primavera emette un caratteristico canto.
Posto al vertice della catena alimentare può predare animali della grandezza di una volpe, anche se in genere predilige piccoli mammiferi e uccelli tra cui anche altri rapaci. Tra i mammiferi, nel folto del bosco si cela il capriolo, che esce allo scoperto al rinverdire dei prati per brucare l’erba più tenera e nutriente. Numerose sono le specie più piccole come topi, arvicole e toporagni, importanti anelli della catena alimentare, predati oltre che da uccelli rapaci anche da volpi e faine. Ai primi tepori primaverili esce allo scoperto il ramarro, mentre nelle giornate piovose, specie in autunno, non è difficile imbattersi nella salamandre pezzate, dalla caratteristica colorazione di avvertimento nera e gialla.
Boschi di conifere
L’abete rosso o peccio è la specie più diffusa dei boschi di conifere e può associarsi al pino silvestre o al larice e al pino cembro, specie, queste ultime, che lo soppiantano alle quote più elevate. Il sottobosco si infittisce con l’altitudine, in corrispondenza di coperture arboree meno dense che permettono alla luce di giungere al suolo. Si passa così dalle ombrose peccete montane diffuse tra i 1000 e i 1500 m sl.m. alle chiare peccete subalpine, che si spingono fino a 2200 m, caratterizzate da un fitto tappeto di rododendri e mirtilli. È in questi habitat che si rinviene la gracile e rarissima Linnaea borealis, presente sulle Alpi come relitto glaciale. Specie di ecotono tra boschi e pascoli è invece il vistoso Lilium martagon.
Ambienti poco adatti per anfibi e rettili, i boschi di conifere costituiscono invece l’habitat ideale di diverse specie di uccelli, di cui alcuni peculiari. Tra i più importanti, anche per il ruolo ecologico che svolge, il picchio nero, il picchio più grande d’Europa con i sui 50 cm di lunghezza. Scavando nei tronchi grosse cavità in cui nidificare, rende disponibili rifugi e nidi per altre specie, prima fra tutte la civetta capogrosso, rapace notturno dal caratteristico disco facciale molto ampio.
Anche lo scoiattolo può rifugiarsi in questi grossi buchi, sebbene generalmente costruisce il suo nido sferico fatto di rametti intrecciati tra le biforcazioni dei rami. Cincia mora e cincia dal ciuffo in genere sfruttano, per la cova, cavità più piccole. Tipici delle coniferete sono anche il ciuffolotto, uccelletto dal vistoso piumaggio che emette un caratteristico fischio, e il crociere che con il suo becco a mandibole incrociate è specializzato ad estrarre i semi dalle pigne. Tra i mammiferi, la martora, mustelide adattato alla caccia sugli alberi, è un indicatore di buona qualità ambientale.
Pascoli e praterie naturali
Nella fascia di competenza dei boschi di conifere, si aprono spesso ampi pascoli creati nel corso dei secoli dall’uomo, per il bestiame. Questi assomigliano dal punto di vista paesaggistico alle praterie naturali, anche se ne differiscono spesso per la composizione floristica. In questa fascia altitudinale, nelle zone sottoposte a sovrappascolo, anche solo in passato, prevalgono i nardeti dominati da Nardus stricta, mentre sui versanti a forte inclinazione esposti a meridione si insedia la prateria a Festuca scabriculmis. Dove l’uomo non è intervenuto con il disboscamento, i boschi di conifere digradano nelle praterie naturali attraverso una fascia ad arbusti contorti (ontani verdi, rododendri, ginepri). Oltre i 2400 m s.l.m. prevalgono il curvuleto a Carex curvula, presente ad esempio al Passo di Campagneda e alla Bocchetta delle Forbici,il festuceto di Haller sui versanti esposti a sud.
Rana temporaria e tritone alpestre sono due anfibi tipici di questa fascia altitudinale, entrambi necessitano per la riproduzione di acque ferme, un tempo ben rappresentate dalle pozze di abbeverata del bestiame, e oggi sempre più rarefatte. La rana, a differenza del tritone, molto legato all’acqua, trascorre poi il resto dell’anno nel prati, divenendo spesso preda delle vipere, presenti in Valmalenco con due specie: il marasso e la vipera comune o aspide. Tra i numerosi uccelli, alcuni sono legati agli arbusteti, come la passera scopaiola, la bigiarella, il beccafico, altri sono invece di ambienti aperti come lo spioncello, il culbianco e il codirosso spazzacamino. I versanti con affioramenti rocciosi ospitano le ultime coturnici, un tempo molto abbondanti e oggi sempre più rare. Nei pascoli che inframmezzano i boschi è possibile avvistare in autunno i cervi al bramito, mentre i camosci sostano in genere a quote più elevate. Le praterie sono anche l’ambiente di caccia dell’aquila reale la cui preda d’elezione è la marmotta, entrambe negli ultimi decenni in espansione numerica.
Ambienti alpino-nivali
Oltre i 2800 m s.l.m., quando le condizioni climatiche diventano più severe e il suolo più sottile per la presenza di affioramenti rocciosi e di detriti, anche la vegetazione erbacea stenta a coprire uniformemente il terreno, divenendo discontinua. In questa situazione la struttura e la chimica del substrato giocano un ruolo importante. Su suoli silicei si distinguono così le vegetazioni delle rocce con specie quali Primula hirsuta, Primula latifolia, Alpenium septentrionale, Phyteuma scheuchzeri, Saxifraga cotyledon, alle quote inferiori e Androsace vandelli, Phyteuma hedraiantthifolium, Saxifraga exarata, Eritrichium nanum a quelle superiori, da quelle delle pietraie e delle morene, con Androsace alpina, Oxyria digyna, Geum reptans, Adenostyles tomentosa. Più frammentaria, in Valmalenco, è la presenza di vegetazione calcifila, vista la scarsa rilevanza di depositi calcareo dolomitici, presenti ad esempio al Passo di Canciano, dove si rinvengono Thlaspi rotundifolia, Papaver rhaeticum, Campanula cochlearifolia, Hutchinsia alpina, Achillea atrata. Su detriti e morene di rocce serpentinose, soprattutto nel gruppo del Disgrazia (Valle Ventina, Val Sissone), vegeta invece Thlaspi corymbosum. Laddove la neve permane per la maggior parte dell’anno troviamo briofite e salici nani nelle vallette nivali, Luzula alpino-pilosa, Doronicum clusii e la felece Cryptogramma crispa sui pendii detritici e sulle morene.
Solo alcuni animali dai particolari adattamenti trascorrono l’inverno in questi ambienti aspri, dal clima molto rigido. Tra questi, tre specie che frequentano anche le praterie alpine, pernice bianca, lepre variabile ed ermellino hanno sviluppato un particolare adattamento: per confondersi con l’ambiente cambiano con le mute il colore, diventando in inverno candidi come la neve. Anche piccoli uccellini come il sordone e il fringuello alpino prediligono le alte quote per tutto l’anno, salvo scendere a valle nelle giornate di tormenta e con temperature particolarmente basse. I gracchi alpini sono meno fedeli alle alte quote e nel tardo inverno è possibile osservarli in grossi stormi sorvolare l’imbocco della valle alla ricerca di cibo.
Lo stambecco rimane sempre legato alla pareti rocciose anche in inverno, scegliendo quelle più ripide, esposte a sud, dove la neve slavina più facilmente, rendendo disponibile quella poca erba secca che, insieme alla scorte di grasso accumulate in estate, permette agli animali di sopravvivere fino alla primavera. Quei pochi che non ce la fanno diventano utile fonte alimentare per altri animali, come ad esempio il gipeto, grande avvoltoio, reintrodotto alla fine degli anni ’80 del Novecento sulle Alpi, che sempre più spesso solca i cieli della Valmalenco.