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Santuario della Madonna delle Grazie

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    Il Santuario della Beata Vergine delle Grazie di Primolo, costruito nel 1688 sopra l’abitato di Chiesa in Valmalenco, è uno dei luoghi di culto più significativi della Valtellina. Collocato in posizione panoramica con vista sul Pizzo Scalino, unisce architettura sacra, paesaggio alpino e profonda devozione mariana. Voluto dalla famiglia Chiesa, fu riconosciuto dal Capitolo Vaticano con l’incoronazione della statua nel 1765. Ricco di storia e tradizione, il santuario conserva ex voto antichi. Tra le usanze popolari spicca quella del “grattare il vetro”: le ragazze nubili sfioravano il vetro della nicchia che custodisce la statua della Madonna, posta dietro l’altare, nella speranza di ottenere una grazia. Questo gesto, nato tra Otto e Novecento, testimonia come il culto mariano si intrecci con la cultura popolare e la vita quotidiana, rendendo il santuario un punto di riferimento spirituale e identitario per la comunità.

    Parla l'esperto
    Saveria Masa

    Sorto nella seconda metà del Seicento, il Santuario della Beata Vergine delle Grazie di Primolo è stato ed è tuttora meta di pellegrinaggi e luogo di devozione non solo per i valligiani. L’edificio si trova in una splendida posizione panoramica, essendo stato costruito su un dosso dal quale si domina la conca di Chiesa Valmalenco. In basso si scorgono gli abitati di Lanzada e di Caspoggio, alzando lo sguardo si staglia contro il cielo il Pizzo Scalino, santuario naturale in un contesto paesaggistico di assoluta bellezza. 

    Il Santuario fu eretto nel 1688: il 4 agosto di quell’anno fu posta la prima pietra e, nell’arco di pochissimi anni, la chiesa venne completata e immediatamente officiata. 

    Il cammino che condusse alla sua edificazione fu tuttavia molto lungo e travagliato se pensiamo che l’idea di costruire una chiesa a Primolo era già sorta circa vent’anni prima dai frazionisti della contrada che desideravano costruire una chiesa per le proprie necessità spirituali, trovandosi in una situazione estremamente disagiata, soprattutto nei mesi invernali, nel doversi recare ogni volta a Chiesa per assistere alla messa, per i funerali e per battesimi. 

    Ma mentre quelli di Primolo avrebbero voluto costruire una chiesa modesta, sufficiente per contenere la popolazione della contrada, e ubicarla al di sopra dell’abitato, nella località cosiddetta Pratoni, il parroco Giovanni Chiesa, mirava ad un progetto più ambizioso, ossia quello di erigere un santuario dedicato alla Madonna delle Grazie, collocato in un luogo ben visibile da tutta la Valle, tale da divenire una meta di pellegrinaggio e di devozione mariana. 

    La mancanza di un accordo tra il parroco e i frazionisti di Primolo fece sì che gli anni trascorressero senza alcun esito sino a che, il parroco ormai anziano, riuscì a convincere i primolesi ad erigere il santuario che egli avrebbe voluto chiamando in causa la Madonna la quale, stando al racconto di una fonte settecentesca, dovette apparirgli in sogno ordinandogli di erigere un santuario in suo onore proprio nel luogo dove lui stesso avrebbe desiderato costruire. 

    Un ruolo di prim’ordine nella costruzione di questa chiesa fu senz’altro assunto dall'anziano sacerdote che ne fu l’ideatore originario ma anche dal nipote di questi, Giovanni Maria Chiesa il quale, alla morte del vecchio zio, avvenuta appena due giorni dopo la posa della prima pietra del santuario, fu eletto parroco di Chiesa e fu l’effettivo realizzatore di questo progetto. 

    Entrambi questi due sacerdoti appartenevano alla famiglia più facoltosa di tutta la Valmalenco, quella dei Chiesa, una famiglia che vantava una secolare tradizione di notai ed ecclesiastici e che, nel corso del Seicento, aveva conosciuto una lunga ed ininterrotta fase di ascesa sociale, acquisendo il ruolo indiscusso di protagonista della vita politica e religiosa della Valle. 

    Nel corso del Settecento il santuario divenne uno dei presidi mariani valtellinesi di maggiore devozione, tale da ricevere, nel 1765, un importante riconoscimento da parte del Capitolo Vaticano, ossia quello dell’incoronazione della statua della Madonna, un privilegio che a quell’epoca era stato conferito soltanto ai due santuari più rilevanti della provincia, ossia quello della Madonna di Tirano e quello della Madonna di Gallivaggio. 

    Per la celebrazione del solenne rito dell’incoronazione il papa Clemente XIII designò l’abate del monastero di Disentis, nel Canton Grigioni, Colombano Sozzi, il quale era anche Principe del Sacro Romano Impero. La cerimonia ebbe luogo a Chiesa l’11 agosto del 1765 alla presenza dell’abate, del vescovo di Como, Giovan Battista Mugiasca, e di tutto il clero della Valle. 

    Sin dai primi anni in cui fu costruito, il santuario divenne ben presto meta di devozione e di pellegrinaggio da parte di un intenso flusso di fedeli attirati anche dai paesi vicini, ma soprattutto luogo ove impetrare grazie e protezione alla Vergine, così come testimoniano ancor oggi alcune tavolette ex voto molto antiche. 

    Si consolidò ben presto la consuetudine di celebrare la festa del santuario la prima domenica d’agosto, così come v’è ragione di ritenere che anche la tradizionale processione con la statua della Madonna per le vie del paese abbia avuto origine in concomitanza con la costruzione del santuario stesso. La sera precedente venivano accesi, in gran numero i falò notturni sugli alpeggi della Valle, una tradizione che costituiva non solo un momento di festa comunitaria, ma soprattutto un segno di devozione a Colei che i Malenchi sentivano come la ‘loro’ Madonna, ossia la Madonna di Primolo. 

    Nel corso dei tre secoli di vita del santuario, la devozione alla Madonna di Primolo ha assunto espressioni e modalità che hanno costituito la sostanza di una tradizione la quale ha visto il sovrapporsi di elementi di sacralità e di ortodossia ad aspetti più pittoreschi e folcloristici. E’ il caso della ben nota tradizione del ‘grattare il vetro’ da parte delle donne in cerca di marito. Il vetro in questione è ovviamente quello della nicchia dove è conservata la statua della Madonna. Si tratta di una tradizione più recente, per lo più legata ad aspetti popolareggianti tipici del tardo Ottocento, un’epoca che vide il fiorire di una letteratura di carattere propagandistico finalizzata a far conoscere le località alpine ai primi turisti.

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