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La cavallera del Muretto

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    Raggiungibile a: Piedi, Bici, Auto

    Come molte vie storiche di comunicazione, anche la strada cavallera del Muretto, che da Sondrio portava in Engadina, non nasce da un progetto unitario, ma è il frutto di una lenta evoluzione storica. Percorsi sin dai tempi preistorici, si è trasformata nei secoli in una vera e propria via di transito alpina, modellata secondo le esigenze delle varie epoche. Il moderno sentiero del passo del Muretto segue quasi per intero il tracciato antico, permettendo ancora oggi di leggere le tecniche costruttive tradizionali e gli interventi stratificati nel tempo. Sul versante italiano, l’aspetto attuale riflette in parte gli interventi eseguiti dal genio militare tra il 1933 e il 1935, con tratti rinforzati da muretti a secco in pietra, resistenti alle pressioni del pendio e del traffico. Il fondo stradale richiamava la struttura tipica delle strade romane, con un sottofondo solido di pietra su una massicciata disposta a taglio e un selciato di pietre locali messe a coltello.

    Parla l'esperto
    Saveria Masa

    Il cammino lungo la strada cavallera da Sondrio fino al valico

    Il mercante o il viaggiatore diretto a nord, che si accingeva a percorrere l'intero tragitto partendo da Sondrio, trovava l'imbocco della strada cavallera generalmente da Piazza Vecchia, attraverso la gradinata oggi cosiddetta “salita Ligari”, oppure da Piazza Quadrivio, attraversando per intero la contrada di Scarpatetti, per giungere ai piedi del colle Masegra sede del castello omonimo; qui la via proseguiva verso il colle di Moncucco per raggiungere le frazioni poste a nord di Sondrio, proprio all'imbocco della Val Malenco: Ponchiera, Baglio, Pozzoni, Scherini. Indi la strada si addentrava nella Valle, tenendosi per un lungo tratto sulla sinistra orografica del torrente Mallero e giungeva di fronte ad Arquino, frazione del capoluogo, dopo avere attraversato il ponte sull'Antognasco. Da qui l'antico tragitto si sviluppava lungo gli abitati di Capararo e Menesatti, ancora sul comune di Sondrio, per passare poi su quello di Spriana, il primo comune all'imbocco della Val Malenco e giungere al Ponte Nuovo, collocato nella località sottostante l'abitato di Scilironi, e da qui attraversava il Mallero. Questo primo tratto della strada cavallera era dunque situato esattamente sulla sponda opposta dell'attuale strada provinciale che da Sondrio conduce in Val Malenco (SP 15). Oggi questo segmento dell'antica via è completamente cancellato e nascosto da una folta boscaglia. 

    La particolare ripidità di quel tratto di versante aveva da sempre causato cedimenti della strada, pericolo ancor più aggravato dalle frequenti cadute di massi e da smottamenti. Lo stato di quel passaggio risulta ben descritto dallo storico alpinista Ercole Bassi che, sul finire dell'Ottocento, ebbe modo di frequentare più volte la Val Malenco e che nell'opera Escursioni alpine fornisce un'interessante e puntuale descrizione di molti tratti della strada del Muretto: “[Quel tronco di strada che da Arquino prosegue con discreta pendenza lungo il lato sinistro del Mallero, passando sotto una nuda e ripida costa dalla quale nel tempo dello sgelo e quando scoppiano temporali, precipitano di sovente pietre, materiali, ed enormi macigni, che hanno già rotto quasi tutto il parapetto della strada verso il fiume, ingombrando e guastando la strada in diversi punti, e già fecero anche vittime umane” Dal Ponte Nuovo in poi la strada proseguiva come l'attuale, mantenendosi sulla sponda orografica destra del Mallero, anche se è tuttavia individuabile con l'odierna solo per pochi tratti, dalla località Scandolaro, a sud del Prato, sino all'abitato di Torre di Santa Maria. Al Prato, sede ancor oggi di un rinomato luogo di ristoro, il viaggiatore avrebbe trovato un primo alloggio, l'osteria, prima di proseguire il cammino. A Torre di Santa Maria la strada cavallera si biforcava per poi ricongiungersi successivamente all'altezza della contrada Curlo di Chiesa in Valmalenco. Da Torre, infatti, si raggiungeva facilmente Chiesa mantenendosi lungo il fondovalle, quasi aderente al Mallero, percorrendo gli abitati di Sant'Anna, Cà de Risc, Basci e Luna per guadagnare, dopo una serie di tornanti, l'abitato di Chiesa. Qui la strada, coincidente con il tracciato odierno, passava per il centro del villaggio, fiancheggiando l'antica parrocchiale dei Santi Giacomo e Filippo, sulla cui facciata principale è ancora leggibile la scritta: "Al Passo Confinale". Il tragitto attraversava l'abitato, dal Centro sino al Ponte del Curlo dove saliva all'antica contrada Castellaccio, sepolta nel secolo scorso sotto i detriti delle soprastanti cave di serpentino. Era questo il tratto di strada più diretto e quindi maggiormente frequentato dai mercanti soprattutto in epoca grigione. Invece, si ha modo di ritenere che più anticamente la strada principale da Torre di Santa Maria, di nuovo attraversando il Mallero, transitasse lungo l'antico abitato di Milirolo (o Melirolo), sede di una casa torre e di qui proseguiva fiancheggiando la località Malenco, attualmente sul territorio comunale di Caspoggio dove, su un piccolo promontorio dominante l'intera Valle, sorgeva il castello dei Capitanei, feudatari di Sondrio e della Val Malenco, luogo di riscossione di dazi e di pedaggi delle merci in transito da e per la Rezia. La strada procedeva poi verso la zona bassa della contrada di Vassalini (a Chiesa) e da qui, in località Abadini, antica contrada oggi scomparsa, si biforcava nuovamente: a destra prendeva per Lanzada e, attraverso la Valbrutta e la Valle Poschiavina, si immetteva in Valposchiavo tramite i valichi Ur, Confinale o Canciano, a sinistra si ricongiungeva con l'altro ramo della strada cavallera all'altezza della contrada Curlo, in direzione del passo del Muretto. Strada cavallera era poi chiamata un'altra diramazione, quella che, dal castello di Malenco, saliva all'abitato di Caspoggio e, traversando i maggenghi del villaggio, raggiungeva a sua volta il valico di Canciano. Dal ponte del Curlo la via guadagnava quota mantenendosi sulla riva destra del Mallero per giungere, prima con un tratto pianeggiante poi in salita, alla località Pinchign, sino al Giovello, regione delle antiche cave di serpentino. Il tragitto procedeva poi in moderata pendenza mantenendosi a valle della località Zocca, per attraversare nuovamente il Mallero sul Ponte Alto, un ponte costruito parte in legno e parte in pietra, spesso travolto dalle piene del fiume. Qui la strada, ricorda Ercole Bassi, “monta per una ripida e nuda costa, molto franosa, giungendo alla località di San Giuseppe”. Da San Giuseppe il tracciato seguiva lo stesso percorso di quello odierno, sino a giungere nei pressi della località Dosso di Braccia, dove scendeva di nuovo accostando il Mallero, lungo la piana di Sabbionaccio, per arrivare al piccolo abitato di Carotte (Caròt); da Carotte a Chiareggio in località Senevedo si passava per un fitto bosco di abeti dove, sempre seguendo le annotazioni del Bassi, “in molti luoghi il sentiero era appena segnato, in altri si trovava il grosso ma ben connesso selciato di una strada antichissima, che può anche rimontare all'epoca romana”. All'altezza della località Ràsega la strada oltrepassava prima il torrente Forasco e poi il Nevasco e da qui raggiungeva Chiareggio, dove il viaggiatore avrebbe trovato l' Osteria del Bosco, un ricovero per la sosta delle persone e delle loro cavalcature. Un tratto alternativo dal Ponte Alto a Chiareggio è stato individuato nel sentiero che all'altezza del ponte stesso avrebbe risalito la Valle mantenendosi sulla riva destra del Mallero sino a giungere alla località Cavalòc costituita da un gruppo di case preesistenti il sorgere di Chiareggio e ormai distrutte da quasi due secoli; da qui l'itinerario avrebbe poi attraversato il Mallero tramite un ponticello di legno per giungere finalmente a Chiareggio: Cavalòc deriverebbe dunque dalla dizione latina medievale caballutius, ossia ponticello di travi! Da Chiareggio la strada cavallera prendeva sensibilmente quota, dovendo superare quasi 1000m di dislivello per raggiungere il valico in una tratta di circa 10 Km. Dalla località Cia la lóp (in seguito erroneamente interpretato dall'Istituto Geografico Militare come “Pian del Lupo”, il tragitto si inerpicava rapidamente attraverso la Valle del Muretto, valle che insieme a quella del Sissone e del Ventina, forma la testata della Valle del Mallero. In questo tratto finale, Chiareggio-passo del Muretto, l'antico tracciato non è individuabile, se non per brevi tratti, in quello dell'odierno sentiero (o mulattiera) riadattato dal Genio Militare negli anni Trenta del secolo scorso. Nella sua parte inferiore, tra Chiareggio e l'Alpe dell'Oro, la strada del Muretto è stata interessata da diverse trasformazioni che nei primi anni del Novecento ne hanno modificato pendenza e larghezza in funzione di controllo bellico, con tornanti e assetto tipico delle strade militari della Prima Guerra Mondiale su modello degli interventi della "Linea Cadorna" Su un masso all'inizio della strada fuori Chiareggio si legge ancora l'incisione: 6 REGG GENIO PONTIERI 6 COMPAGNIA. Successivi adattamenti sono stati apportati in relazione al moderno sfruttamento dell'alpeggio Alpe dell'Oro, costituito da alcune baite e da pascoli tuttora frequentati durante i mesi estivi. Da qui la strada prosegue mantenendosi sulla riva sinistra del torrente che scende dal valico e che prende appunto il nome di Acqua del Muretto. Questo torrentello confluisce nel Piano della Forbesina, con le acque delle altre due convalli, Sissone e Ventina, dando così origine al Mallero. Superato l'alpeggio dell'Oro, la vegetazione si fa rarefatta, gli enormi larici ed abeti che costeggiano la strada sino all'Alpe scompaiono quasi interamente. La via ascende ora molto più gradatamente, in mezzo ai pascoli, costeggiando a metà montagna il Dosso Calvo (Dòs calf), un arido sperone di roccia, così chiamato per la sua caratteristica forma a dorso, sorpassato il quale la strada cavallera traversa la Costa Granda, un largo e vasto pendio ghiaioso, sovente spazzato dalle valanghe durante il disgelo. Da qui la Valle del Muretto si restringe sensibilmente tra due speroni rocciosi entro i quali l'antica via si inerpicava, fiancheggiando un piccolo ghiacciaio, oggi ridotto a poco più di una macchia di neve, ma che durante i decenni passati costituiva un nevaio perenne di notevoli dimensioni, tanto che la strada doveva attraversarlo. Il cammino comincia qui a farsi faticoso, giungendo a guadagnare quota in pochi metri e risalendo quasi a gradino una pietraia scoscesa che conduce proprio ai piedi del passo. L'ultimo tratto è costituito dal ripido pendio compreso tra le due depressioni del valico, denominato Bala del Müret, che porta alla sommità del Muretto, a quota 2562 m.

    Tratto da: Saveria Masa, Il passo del muretto tra Valtellina e Grigioni. Storia di una via dimenticata. Fondazione centro Giacometti, Fondazione Guadenzio e Palmira Giovanoli, 2020

    Per approfondire

    Bibliografia

    Saveria Masa, Il passo del muretto tra Valtellina e Grigioni. Storia di una via dimenticata. Fondazione centro Giacometti, Fondazione Guadenzio e Palmira Giovanoli, 2020

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