Il casello del latte (caśèi dél làc’) // Era una piccola baita a una falda, realizzata in pietra a secco, dove si teneva al fresco il latte nelle conche (cùnchi) o nei paiuoli (pairö́) di rame stagnati all’interno, che venivano immersi nell’acqua corrente. Ogni contadino ne possedeva uno, a volte in comunione con altri. Questi piccoli manufatti in pietra venivano costruiti ai bordi dei ruscelli (rùngi), sia in paese che sui maggenghi e sugli alpeggi. L’acqua del ruscello entrava nel casello attraverso un foro (bö́c’) praticato alla base del muro, riempiva una fossa sul pavimento e fuoriusciva da un altro foro, livellato in modo tale da mantenere sempre costante il livello e il movimento dell’acqua nella fossa. Nel ruscello, in corrispondenza del foro d’entrata, veniva messo un sasso lungo e piatto (ciatùn), in posizione verticale, per convogliare meglio l’acqua nel foro. Nelle conche e nei paiuoli il latte si raffreddava e la panna (fiùu) veniva in superficie a formare uno strato di circa un centimetro. Nel casello ci stava una notte e anche più, finché i recipienti erano colmi. Per evitare che il latte rimanendo troppo a lungo nel casello diventasse rancido (àgru) c’era l’abitudine di associarsi (fàa insém) con altri contadini, dividendosi poi i prodotti in proporzione al latte da ognuno portato. Quando il paiuolo o la conca erano pieni, la panna veniva levata (śfiuràa), con un mestolo di legno largo e piatto (cazzét da šfiuràa) e messa nella zangola (penàia) per fare il burro. Con il latte rimanente venivano confezionati formaggio e ricotta.
L’albergo diffuso ante-litteram // Nel dopoguerra tutte le famiglie di Caspoggio, verso la fine di aprile, si trasferivano nei maggenghi, dove rimanevano fino a metà settembre. In paese restavano solo le persone anziane e i negozianti. Moltissime famiglie affittavano ai villeggianti della Brianza le loro umili dimore in paese, creando così una sorta di antesignano albergo diffuso; infatti, finite le scuole, i villeggianti venivano a Caspoggio nei mesi di giugno, luglio e agosto per trascorrervi le vacanze. L’affitto durava solitamente uno o due mesi, i genitori che lavoravano facevano la spola con la città e lasciavano la famiglia alla cura delle madri o dei nonni. In paese si creavano vere e proprie compagnie di ragazzi e di giovani, anche di 30 o 40, ai quali sporadicamente si univano alcuni caspoggini figli di commercianti.