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Contrada Tornadri

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  • nel percorso Alle pendici del monte Motta
    Raggiungibile a: Piedi, Bici, Auto

    Tornadri (turnàdri) è la contrada più orientale del Comune di Lanzada, adagiata su un falsopiano un tempo coltivato a segale e patate, e ora, dove non è abbandonato, a prato. Il toponimo, più che riferito ai tornanti dell’antica mulattiera che attraversa l’abitato, ha probabilmente origine dal cognome Tornadro, molto diffuso nel 1600 e che indicava la professione dei tornitori di laveggi. Prima della costruzione della strada per raggiungere le dighe, questa contrada era punto di partenza per i rifugi alpini e quindi per le vette dei gruppi del Bernina e dello Scalino. In contrada troviamo due caratteristiche piazzette, crocevia di tipici vicoli, una con lavatoio coperto, l’altra anch’essa con lavatoio su cui si affacciano antichi edifici d'abitazione e contraddistinta dalla presenza di un'edicola eseguita a graffito intorno al 1920 da Erminio Dioli. Inglobata nel nucleo di antica formazione troviamo la seicentesca chiesa di S. Pietro, la più antica di Lanzada dopo la parrocchiale.

    Parla l'esperto
    Ugo Agnelli

    La macinazione delle granaglie coltivate 

    In Valmalenco una delle attività artigianali era la macinazione del grano, del frumento e della segale nei mulini ad acqua. Erano costruiti tutti con lo stesso criterio: un canale di legno (canàal) convogliava l’acqua del ruscello a formare una cascata su due enormi ruote di legno (rudùn) situate in una fossa a fianco del mulino; di qui l’acqua, finito il suo compito, defluiva di nuovo nel ruscello originario. Sullo stesso asse della ruota grande, ma all’interno del mulino, girava un’altra ruota più piccola, che sul fianco aveva un cerchio di denti, i quali, collegati ad un’altra ruota orizzontale pur essa dentata, la faceva girare in senso orizzontale. Sull’asse di quest’ultima era fissata la macina di sasso, e, di mezzo alle due, un’altra macina fissa. Sopra la macchina c’era una grossa tramoggia di legno, a forma di tronco di piramide rovesciata, in cui si versava il grano da macinare, che lentamente scendeva nella macina, sollecitato dalle vibrazioni di un grosso bastone che batteva sulla macchina in movimento. Sui fianchi della macchina c’erano dei cassoni di legno in cui giravano, mossi dalla stessa ruota esterna, con opportuni accorgimenti, i setacci dalla farina, dal più fine al più grosso, che separavano la farina fina della crusca, lasciando cadere ciascuna nell’apposito scomparto. La farina di mais sarebbe diventata polenta, pasta, tagliatelle, la crusca nutrimento per le galline, mucche e maiali e la farina di segale, pane. Chi aveva il mulino, di solito aveva anche il forno per il pane. 

    Tratto da: Franco Dioli, Caspoggio nel secondo Millennio, Unione della Valmalenco, 2004.

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    Curiosità

    collegamenti per un buon racconto

    Cognomi e Casati // Nell’Istromento di divisione degli alpeggi della Valle, del 1544, compare come rappresentante della Quadra di Lanzada il consigliere Tomasio Tornadri. Attualmente le famiglie della contrada sono: Salvetti (chéc e panzìne), Picceni (artac’, sciminìin, ciàz), Giordani (pàuli, bài) e Nana (scherìn, suprién). 

     

    Le calchère // Dalla via principale di Tornadri si stacca un sentiero, segnalato con quadrati color fucsia (Percorsi del lavoro dell’Ecomuseo della Valmalenco). Esso porta a un piccolo bivio, dove troviamo le indicazioni per raggiungere le calchère su due differenti percorsi. La calchèra è una tipologia di fornace per produrre la calce viva, costruita con pietre locali, diffusa in ambito rurale alpino fino all’inizio del XX secolo. 

     

    La fornace //  (furnàas) era una vecchia fornace per la cottura della calce a Tornadri, di proprietà di una famiglia Giordani; ha funzionato fino alla fine della Seconda guerra mondiale dopo aver subito varie modifiche. Il calcare da cuocere era prelevato appena a monte, verso nord, della contrada, in località barch, mediante teleferica; anche il combustibile, spesso torba proveniente dai falsipiani di Acquanera, era portato alla fornace mediante teleferica. Per la maggior parte la calce qui prodotta veniva portata a Sondrio.

    Per approfondire

    Bibliografia

    Agnelli U., Dalle Contrade ai Maggenghi, volume 2. Lito Polaris, 2024

    Comunità Montana Valtellina di Sondrio, Censimento dei beni culturali della C.M. di Sondrio, inedito, 1999-2000.

    Società Storica Valtellinese, Picceni S.M., Bergomi G., Masa A. [a cura di], Inventario dei toponimi Valtellinesi e Valchiavennaschi, territorio Comune di Lanzada, vol. 21. Poletti, Tirano, 1994.

    Spinelli D., L’Alpeggio in Valmalenco, Mutamenti sociali ed economici in una valle alpina dal secolo XIX ad oggi, tesi di laurea | Università degli studi di Milano, facoltà di lettere e filosofia | anno accademico 1980-81, copia presso Biblioteche della Valmalenco.

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